OBBIETTIVI

RAGIONI e NECESSITA’ (italiane e svizzere) di un COLLEGAMENTO con la MESOLCINA

– Impraticabilità dell’ipotesi ferroviaria –

L’opzione su rotaia (quella non di tipo esclusivamente turistico che mira ad instaurare cioè un sistema rapido ed efficace nei collegamenti) può essere ragionevolmente realizzata solo in realtà geografiche con spazi ampi e pianeggianti, non di certo in realtà di alta montagna, in presenza cioè di vallate strette e di spazi angusti con dislivelli elevati tra una località e l’altra.

In buona sostanza o si decreta che le realtà di alta montagna debbano essere destinate allo spopolamento o per esse si deve “fare di necessità virtù”, cercando cioè una via percorribile che sappia coniugare la vivibilità (fatta anche di vie di comunicazione agevoli e praticabili) con l’indispensabile tutela dell’ecosistema, avendo però la consapevolezza che tra un’ipotesi tutta protesa al privilegiamento dei trasporti su rotaia (condannata però all’impraticabilità) si deve necessariamente trovare il compromesso indispensabile per assicurare anche alle realtà di alta montagna il diritto all’esistenza e alla sopravvivenza.

Prefigurare per lo Spluga solo l’ipotesi su rotaia (senza cioè cercare altre soluzioni praticabili e meno impattanti ma concretamente realizzabili) significa condannare lo Spluga e le realtà di alta montagna ad un destino di certo ed inesorabile declino.

Nel caso di specie poi l’ipotesi su rotaia non è praticabile nemmeno in realtà pianeggianti come quelle che si snodano tra Lecco , Colico e Chiavenna, in quanto la geografia e l’orografia presentano o vallate strette ed anguste o declivi scoscesi di montagne che vanno a precipizio nel ramo di Lecco del Lago di Como (di seguito denominato solo “Lago di Lecco”), sulle cui rive, a malapena, nel corso dei secoli è stato possibile realizzare un percorso stradale (la SS.36) e uno ferroviario (ad un solo binario), intervallati da vari agglomerati abitativi di particolare pregio.

Un servizio ferroviario tra Lecco, Colico e Chiavenna, che risponda adeguatamente alle necessità e alle aspettative dei tempi moderni, imporrebbe, gioco forza, la realizzazione di un secondo binario (eventualmente anche per l’alta velocità) da affiancare a quell’unico binario già esistente.

Ma una simile ipotesi può essere percorsa solo a condizione che la tratta del secondo binario sia realizzata tutta e solo in galleria, vista, per l’appunto, l’angustia di spazi esistenti in sponda orografica di sinistra del Lago di Lecco.

L’opzione ferroviaria per lo Spluga per essere realizzata compiutamente presupporrebbe almeno l’esistenza a valle di un’avviata, articolata e ben consolidata rete di comunicazione ferroviaria, cosa assolutamente inesistente e (quel che è peggio) impraticabile; ecco allora che l’impraticabilità di tale ipotesi diventa per lo Spluga la sua condanna.

Se poi si discettasse circa l’ipotesi su ferro, con il nobile presupposto di tutelare l’ambiente, è bene allora interiorizzare che un’ulteriore e lunga sequela di gallerie da realizzare sulla riva orientale del Lago di Lecco (onde assicurare un agevole e spedito collegamento ferroviario tra Lecco, Colico e Chiavenna) aggiungerebbe un’altra e più profonda ferita all’ecosistema rispetto a quella già inferta tra gli anni ’70 e ’80 (del secolo scorso) al fine di realizzare, a mezza costa, la nuova Superstrada Lecco-Colico.

In buona sostanza lo sviluppo armonico delle realtà di alta montagna, come quelle che si sono sviluppate nel corso dei secoli a lato della gloriosa “SS 36 del Lago di Como e dello Spluga”, presuppone il “pagamento di un dazio” che, ovviamente in modo sinergico ed unitario, bisogna lavorare affinché sia il meno impattante possibile con costi sostenibili e in tempi ragionevolmente contenuti, salvo, implicitamente ed inconsapevolmente, voler assecondare i devastanti effetti di una crisi economica che sta disarticolando il tessuto di una società finora sufficientemente solida.

L’alternativa alla volontà di raggiungere tale punto di equilibrio è la condanna allo spopolamento, all’irrilevanza e alla marginalità, cui saranno inevitabilmente condannate le realtà di alta montagna e le future generazioni, che in esse sono nate ed in esse vogliono poter continuare a vivere.

Sostanzialmente una simile ipotesi riuscirà a scoraggiare e a far desistere anche il più determinato ed agguerrito sostenitore dell’opzione ferroviaria sotto lo Spluga. Non possono nemmeno essere sottaciute le considerazioni di chi reputa che la soluzione ferroviaria (rispetto ad una ben fatta di tipo stradale) in teoria potrebbe avvantaggiare l’ecologia ma danneggerebbe di certo l’economia.

L’ipotesi del tunnel stradale di collegamento tra Italia e Svizzera deve essere “agile” (a sole due corsie, una in andata e una in ritorno), con una lunghezza contenuta (la più breve è per l’appunto quella esistente tra Campodolcino e la Val Mesolcina) e con costi accessibili (quelli ipotizzabili solo per la realizzazione di un raccordo stradale tra la S.S. 36 e la A13 da e per Bellinzona).

Su tale arteria dovrà scorrere il solo “TRAFFICO LEGGERO” (quello riservato ai motocicli, alle autovetture, ai bus turistici e ai camioncini) vietando quello “PESANTE” dei cosiddetti “bisonti della strada”.

Con tale tunnel, oltre ad offrire una più agevole e veloce opportunità di collegamento (di cui si dirà più avanti) tra Italia e Svizzera, tra Svizzera e Svizzera (quella del Grigione, del Poschiavino, dell’Engadinese, del Bregagliotto e del Mesolcinese) si faciliterebbe l’inserimento, in un più ampio e dinamico contesto internazionale, di una realtà come quella della Provincia di Sondrio, che i “poteri forti”, nel corso dei due secoli precedenti, hanno voluto relegare ad un ruolo di sola subalternità in palese distonia rispetto al disegno “prefigurato” per essa dalla storia e dalla geografia.

Il raccordo in parola andrebbe ad alleggerire in modo significativo il traffico proveniente dal Bresciano, dal Bergamasco, dal Lecchese e dal Sondriese, che ora gravita, in gran parte, sull’asse Milano-Como-Chiasso-Lugano-Bellinzona-Mesocco, e che potrebbe invece essere dirottato sulla direttiva Lecco-Colico-Chiavenna-Campodolcino fino a confluire in Svizzera sulla A13.

Tale raccordo:

  1. ridurrebbe, in modo esponenziale, i costi rispetto a quelli iperbolici di un progetto su rotaia, irrealizzabile sia per i tempi necessari sia per gli scenari geografici da coinvolgere che per gli ostacoli montuosi da superare (soprattutto quella lunga trafila di montagne che calano a picco nel Lago di Lecco);

  2. contribuirebbe a migliorare in modo rilevante l’ecosistema sulla sopramenzionata dorsale Como-Bellinzona-Mesocco-A13;

  3. asseconderebbe, in toto, la Carta della “Nuova rete centrale TEN-T”, pubblicata nel 2013 dalla Commissione (di cui si parlerà qui di seguito in modo più approfondito).

Il COLLEGAMENTO con la VAL MESOLCINA e la FRANA della VAL GENASCA: ALTERNATIVA CONCRETA al POSSIBILE ISOLAMENTO di una VALLE.

Come ben si può comprendere il quadro delle infrastrutture in Valchiavenna/Valle Spluga risulta particolarmente carente ed aggravato dalla circostanza sfavorevole che l’unico collegamento tra la Valle Spluga con il territorio Elvetico nei Grigioni risulta essere il Passo dello Spluga, chiuso per troppi mesi all’anno.

A questo v’è d’aggiungere il pericolo costituito dalla Frana della Val Genasca che incombe, all’imbocco della Valle Spluga, sull’unica via d’accesso costituita dalla sede stradale della S.S. N° 36.

Al riguardo la Protezione Civile e ARPA della Regione Lombardia, d’intesa con la Comunità Montana della Valchiavenna, hanno dato incarico ad eminenti Docenti universitari dell’Università Statale degli Studi di Milano, Dipartimento Scienze della Terra, in sinergia con la Stazione Valchiavenna per lo Studio dell’Ambiente Alpino “Ardito Desio”, al fine di valutare la potenza distruttiva della Frana della Val Genasca.

La quantificazione del materiale che potrebbe cadere a valle è valutato tra i 700.000 e 1.800.000 di metri cubi che andrebbero ad occupare l’intero alveo del sottostante fiume Liro fino a risalire sul lato opposto di sinistra orografica della Valle, dove è allocata la SS36, che, per chissà quanto tempo, rimarrebbe interdetta al traffico veicolare in una strettoia di valle, sita appena sopra l’abitato di Chiavenna, senza poter offrire altre soluzioni in fatto di viabilità alternativa.

Tre Comuni della Valle Spluga (Madesimo, Campodolcino, San Giacomo Filippo) rimarrebbero isolati con danni incalcolabili per l’economia in genere e in particolare per quella turistica della Valchiavenna e dell’intera Provincia di Sondrio.

Il raccordo ipotizzato tra Valle Spluga e la Val Mesolcina sarebbe l’unico collegamento con il resto del mondo, vista la chiusura a monte del Passo dello Spluga (in vigore da tempo immemorabile) a partire dalle prime nevicate di novembre fino a maggio di ogni anno.

La CENTRALITA’ RIAFFERMATA dello SPLUGA

La centralità dello Spluga rispetto allo scenario delle Alpi e dei traffici verso il centro d’Europa non può essere derubricata come fosse solo un irrilevante rimasuglio della storia o delle predilezioni degli antichi Romani. Essa è stata, di contro, ampiamente certificata nel 2001 quando sono state individuate le ripartizioni geografiche dell’area alpina, giungendo ad un accordo che ha portato alla definizione di un assetto organico della catena, mediante la Suddivisione Orografica Internazionale Unificata del Sistema Alpino (SOIUSA).

E’ stata cioè abbandonata la tradizionale triplice ripartizione in Alpi Occidentali, Centrali ed Orientali e la catena è stata divisa soltanto in Alpi Occidentali, dal Colle di Cadibona (440 m/mls) al Passo dello Spluga (2117 m/mls) e Alpi Orientali, dallo Spluga alla Sella di Godovič (595 m/mls). Il fiume Liro, che percorre tutta la Valle Spluga, rappresenta per l’appunto lo spartiacque tra Alpi Occidentali e Orientali.

In fatto di centralità dello Spluga non va sottaciuta nemmeno l’esistenza di un “Santuario della Madonna d’Europa”, realizzato all’aperto tra i monti circostanti l’altipiano della “Serenissima” in Comune di Campodolcino. Infatti il 12/09/1958, dopo l’alzabandiera della grande bandiera, con 12 stelle, donata dal Consiglio d’Europa dell’Unione Europea, in un cielo blu solcato da festosi aerei mandati dal Presidente della Repubblica Italiana, l’Arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini (divenuto poi Papa Paolo VI) inaugurava la gigantesca statua (alta da sola 14 metri, con 4 tonnellate di peso), in rame sbalzato e laminata in oro.

La Madonna d’Europa è stata realizzata proprio quassù, in quanto questa zona si situa nel più importante “Centro Idrografico dell’Europa”. Infatti dal Pizzo Stella (montagna in Comune di Campodolcino) partono sia un ramo del Reno che sfocia nel bacino del Mare del Nord sia le acque che defluiscono fino al bacino del Mar Mediterraneo e, a poca distanza in linea d’aria da qui, dal vicino Lago di Sils, parte l’Inn che, immettendosi nel Danubio, sbocca poi nel Mar Nero.

La “Carta della NUOVA RETE centrale TEN-T”

e i 9 CORRIDOI PRINCIPALI – IREALP 2010-

Relativamente a quanto anticipato al precedente punto c) in fatto di infrastrutture in provincia di Sondrio si richiama il punto prefigurato dall’Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia Applicate alle Aree Alpine (IREALP) nel 2010, nell’ambito della Valutazione integrata di sviluppo socio economico afferente la fattibilità del Traforo della Val Mesolcina tra Gordona-Lostallo con cui definisce:

La situazione delle infrastrutture non risulta particolarmente positiva: Sondrio si colloca infatti, nella relativa graduatoria generale, in 98.esima posizione, facendo registrare un valore dell’indice generale pari ad appena 42 nel 2007 (nel 2001 era pari a 53,1) di gran lunga inferiore non solo al dato medio lombardo (112,4), ma anche a quello medio italiano (100). Nello specifico si evidenzia una situazione particolarmente negativa relativamente alla rete stradale (terzultima in graduatoria), alle strutture e reti per la telefonia e la telematica (87.esima in graduatoria) ed agli aereoporti (75.esima) […]”

Tale quadro della situazione non risulta essere certamente in sintonia con la Carta della nuova politica infrastrutturale dei trasporti dell’Unione Europea. La Commissione UE ha infatti pubblicato nel 2013 la carta della Nuova rete centrale TEN-T (rete transeuropea dei trasporti) e dei 9 corridoi principali che formeranno le arterie dei trasporti nel mercato unico europeo e che dovrebbero rivoluzionare le connessioni tra est e ovest, eliminando le strozzature, ammodernando le infrastrutture e snellendo le operazioni transfrontaliere di trasporto per passeggeri e imprese in tutta l’Unione europea.

L’obiettivo finale della nuova rete centrale TEN-T è di fare in modo che progressivamente, entro il 2050, la stragrande maggioranza dei cittadini e delle imprese europei non disti più di 30 minuti di viaggio dalla rete principale.

In pratica, si devono affrontare 5 grandi problematiche.

I collegamenti mancanti, in particolare nelle tratte transfrontaliere, che costituiscono un ostacolo importante per la libera circolazione delle merci e dei passeggeri all’interno degli Stati membri, fra di essi e con i Paesi confinanti.

  1. La notevole disparità sotto il profilo della qualità e della disponibilità di infrastrutture tra e all’interno degli Stati membri (strozzature). In particolare, devono essere migliorati i collegamenti est-ovest, attraverso la creazione di nuove infrastrutture di trasporto e/o la manutenzione, il ripristino o l’aggiornamento delle infrastrutture esistenti.

  2. La frammentazione dell’infrastruttura dei collegamenti tra i diversi modi di trasporto, impedisce di sfruttare appieno il potenziale che offre il trasporto multimodale e la sua capacità di eliminare le strozzature delle infrastrutture e di realizzare i collegamenti mancanti.

  3. Gli investimenti nelle infrastrutture dei trasporti dovrebbero contribuire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti del 60% entro il 2050.

  4. Gli Stati membri continuano ad avere norme e requisiti operativi diversi, in particolare in materia di interoperabilità, il che non fa che aggiungere ostacoli e strozzature alle infrastrutture di trasporto.

La nuova rete centrale collegherà:

– 94 grandi porti europei con linee ferroviarie e stradali;

– 38 grandi aeroporti con linee ferroviarie che portano alle città principali;

– 15 000 km di linee ferroviarie convertite ad alta velocità;

– 35 progetti transfrontalieri destinati a ridurre le strozzature.

Un’innovazione di rilievo dei nuovi orientamenti TEN-T è l’introduzione di 9 corridoi da realizzare nella rete centrale, che contribuiscono alla sua costituzione: 2 corridoi nord-sud, 3 corridoi est-ovest e 4 corridoi diagonali.

Ogni corridoio deve includere 3 modi di trasporto, 3 Stati membri e 2 sezioni transfrontaliere. Saranno create “piattaforme di corridoio” per coinvolgere tutte le parti interessate e gli Stati membri, quali strutture di governance che elaboreranno e attueranno “piani di sviluppo di corridoio” volti a coordinare efficacemente i lavori svolti lungo il corridoio in Stati membri diversi e in diverse fasi del progetto.

Le piattaforme di corridoio dei corridoi principali della rete centrale saranno presiedute da coordinatori europei.

L’Italia sarà attraversata da 4 corridoi: 

  • dal corridoio Baltico-Adriatico che collegherà Vienna a Ravenna, mettendo in rete i porti di Trieste, Venezia e Ravenna stessa;

  • dal corridoio Mediterraneo che taglierà in orizzontale tutto il Nord Italia, partendo da Torino fino a Trieste, unendo così la Francia e i Balcani;

  • dal corridoio scandinavo-mediterraneo che, attraverso lo Stelvio, parte dal Brennero e scende fino a Roma e poi a Napoli da cui si biforca, collegando la città partenopea a Palermo, da una parte, e alla Puglia, d’altra;

  • dal corridoio alpino che prevede il collegamento diretto di Genova e Milano con il confine svizzero.

Quest’ultimo corridoio è quello che interessa in particolar modo l’ambito della Val Chiavenna/Valle Spluga; questo costituisce una delle rotte merci più trafficate d’Europa: collega i porti del Mare del Nord di Rotterdam e Anversa con il Mar Mediterraneo a Genova attraversando la Svizzera e passando per alcuni dei principali centri economici della Ruhr renana, le regioni del Reno-Meno-Neckar e l’agglomerazione di Milano. È un corridoio multimodale che include il Reno come via navigabile interna. I principali progetti sono le gallerie di base in Svizzera, in parte già completate, e le loro vie di accesso in Germania e in Italia.

L’idea del Traforo della Val Mesolcina, che si va a proporre, rappresenta certamente un collegamento alle gallerie di base svizzere che di quest’ultimo corridoio costituiscono l’asse portante.