La STORIA e la NECESSITA’ di un COLLEGAMENTO fra
NAZIONI e POPOLI, legati da culture e tradizioni affini
La necessità di interscambio di cultura, tradizioni e merci fra le popolazioni site al nord della Lombardia e quelle del Canton Grigioni in particolare e più in generale tra quelle del NORD e del SUD dell’Europa, ha spinto gli uomini a cercare di risolvere, sia pure con opere ardite ma nel modo più diretto ed agevole, tale vitale necessità, con l’attraversamento, da Nord a Sud e da Est a Ovest, della catena montuosa delle Alpi.
La Valchiavenna, fin dal tempo dei Romani, ha rappresentato il punto nodale delle più importanti vie di comunicazione fra la Rezia e il bacino Padano, fra Coira e Como; vie che si inerpicavano sui passi alpini dello Spluga, del Maloja, del Septimer e dello Julier, assumendo fondamentale rilievo sia dal punto di vista commerciale che militare.
A Chiavenna fin dall’epoca romana, percorrendo la sponda occidentale del Lario fino a Samolaco ( Summo lacu), giungeva la strada che collegava per l’appunto Chiavenna (il cui nome ha un’evidente derivazione dal termine latino “clavis”) a Coira (Cuneus Aureus) e da lì verso il Centro dell’Europa.
Già nello “Itinerarium provinciarum Antonini Augusti” (tra il II e il III secolo d.C.) e nella tavola Peutingeriana del III secolo d.C. sono citate le vie di collegamento sopramenzionate.
In buona sostanza, nel corso dei secoli, Chiavenna e la sua Valle erano considerate un po’ come la “chiave” che apre il bacino Padano all’Europa d’oltralpe.
Lo SPLUGA prima del DECLINO
La via dello Spluga è sempre stata recepita, senza ombra di dubbio, come la più breve e la più diretta, per collegare l’intera penisola italiana al centro dell’Europa. Idea questa che fu pienamente condivisa quando il dominio asburgico portò significative novità in fatto di viabilità che diedero un impulso importante all’economia di Chiavenna e della Valchiavenna grazie all’ardito progetto, ideato tra il 1818 e 1822, dall’ingegnere Carlo Donegani, di realizzare la strada dello Spluga. Era questa la prima grande strada che, attraverso le Alpi centrali, mettesse in comunicazione Milano con la Valle del Reno, esaltando contemporaneamente la plurisecolare vocazione di Chiavenna come centro di traffici e commerci.
IL TRAFORO DELLO SPLUGA e I SUOI SOSTENITORI
Il traforo dello Spluga ha avuto tanti sostenitori ma, per non far torto a nessuno, citiamo i più famosi come il poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi (1869-1942), quando, in occasione del “primo centenario della grande carrozzabile dello Spluga 22-23 luglio 1922”, compose una poesia denominata “Inno allo Spluga”, tramite la quale auspicava la realizzazione del traforo
“…Or vedi, o Spluga, nuovi veicoli;
qui dell’elettro ferve il lavoro.
Correrà un giorno nelle tue viscere
l’arduo traforo.”…
Pure un grande studioso lombardo in campo economico-finanziario, come Luigi Brasca (Milano 1882-1929, cui la sezione del CAI di Milano dedicò l’omonimo rifugio sito in Val Codera – So -) grazie alle sue enciclopediche conoscenze in campo cartografico geografico-alpinistico, coltivate anche durante gli abituali periodi di vacanze estive passate a Campodolcino, sostenne la necessità, già a partire dal 1901, di realizzare il traforo dello Spluga. Di tale necessità Brasca se ne fece promotore su importanti giornali e riviste del tempo quali il “Corriere della Sera”, “Il Sole”, la “Rivista Mensile T.C.I.” e “L’Eco di Valchiavenna”, fino a costituire un comitato che stampò pure un “Avviso e Regolamento di Concorso per una pubblicazione di propaganda popolare a favore del traforo dello Spluga”.
La morte precoce (a soli 47 anni) privò la causa del “Traforo dello Spluga” di un convinto assertore.
I POTERI “FORTI” contro lo SPLUGA
Già prima i poteri “forti” di allora avevano confinato le prioritarie motivazioni storico-geografiche a favore del Traforo dello Spluga, derubricandole a considerazioni di seconda importanza.
Fino alla metà del XIX secolo la Valchiavenna e la Valle Spluga hanno svolto un ruolo centrale come via di transito tra Italia e il centro Europa, ruolo venuto meno con la Convenzione Internazionale del 13/10/1869 fra la Svizzera, la Germania e l’Italia concernente la scelta del Tunnel ferroviario del San Gottardo in alternativa a quello dello Spluga e con la precedente apertura della Ferrovia del Brennero (1867). Pure l’apertura del traforo del Frejus nel 1871, unitamente alla sopramenzionata galleria ferroviaria del San Gottardo, avevano congiurato contro lo Spluga.
A questi fatti si aggiunse, grazie alla potenza dell’industria piemontese e alle scelte “politiche” dei Savoia, il Traforo del Sempione (1898-1906).
Cosicché con l’apertura del tunnel ferroviario del San Gottardo (1882) e di quello del Sempione (1905), venne abbandonata l’ipotesi dello Spluga con ricaduta negativa sullo sviluppo economico della Provincia di Sondrio e prima ancora su quello della Valchiavenna/Valle Spluga.
Dopo la seconda guerra mondiale, si fece di nuovo strada l’idea di realizzare una ferrovia di transito della Svizzera orientale con una galleria di base sotto lo Spluga, sostenuta anche da successivi studi di settore come nel 1981 ad opera del Comitato Promotore del Traforo ferroviario dello Spluga; non se ne fece nulla ed ogni ambizione venne meno quando la Confederazione Elvetica ha puntato sull’asse ferroviario ad alta velocità del Gottardo e del Loëtschberg.
Anche l’apertura delle gallerie stradali del San Bernardino (1967 ) e del San Gottardo (1980) hanno relegato all’ “ isolamento” la Valchiavenna/Valle Spluga e l’intera Provincia di Sondrio a cui non rimane che contare ancora sulla S.S. N° 36 “del lago di Como e dello Spluga “ risalente al 1822.